Il Decreto Fiscale 2020 ha reso più costoso il ravvedimento a seguito della notifica di un pvc. Questa, almeno, è la posizione assunta da alcuni uffici territoriali, in una situazione di grande incertezza applicativa. La norma (art. 10-bis, d.l. 124/2019, conv. in l. 157/2019), che nelle intenzioni del legislatore doveva interessare soltanto il settore della fiscalità locale, ha determinato un’importante ricaduta per i tributi amministrati dall’Agenzia delle dogane, prevedendo che, dopo la notifica del processo verbale di contestazione, le sanzioni possano essere ridotte soltanto al 20% del minimo edittale.  La misura premiale, com’è noto, varia a seconda dalla tempestività del ravvedimento e vi si può accedere anche se sono già iniziati accessi, ispezioni e verifiche, mentre l’unico impedimento è rappresentato dalla notifica di un atto di accertamento.

Sino ad oggi, l’applicazione del ravvedimento operoso ai dazi doganali consentiva la riduzione delle sanzioni da un decimo fino a un sesto del minimo, in relazione al momento in cui interveniva la regolarizzazione (art. 13, c. 1, d.lgs. 472 del 1997)

In particolare, nell’ipotesi di attuazione del ravvedimento entro due anni dalla bolletta doganale, l’operatore avrebbe potuto pagare le sanzioni in misura pari a un settimo del minimo, mentre dopo due anni nella misura di un sesto.

La riduzione delle sanzioni a un quinto del minimo (comma 1, b-quater) per i casi di ravvedimento attivato dopo la notifica del processo verbale di constatazione, era invece espressamente esclusa per i tributi doganali (art. 13, c. 1 bis, d.lgs. 472/1997). Come precisato dall’Agenzia delle dogane, infatti, anche dopo la notifica del pvc potevano applicarsi le altre forme di ravvedimento previste dall’art. 13 (riduzione delle sanzioni da 1/10 a 1/6), a seconda del periodo di tempo trascorso dalla violazione (in tal senso, circ. 47763/2017).

Con l’abrogazione del comma 1 bis dell’art. 13, che escludeva, con riferimento a dazi e accise, la riduzione a 1/5 delle sanzioni in caso di ravvedimento post pvc, molti uffici locali ritengono che tale previsione si applichi oggi anche alle contestazioni dell’Agenzia delle dogane.
Di conseguenza, per tutti i pvc notificati dopo il 25 dicembre 2019 (data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto fiscale) la riduzione delle sanzioni è consentita solo fino a un quinto del minimo e non più nelle forme, decisamente più favorevoli, di un settimo e di un sesto (come previsto dalle lettere b-bis e b-ter). La differenza è significativa: considerando, per esempio, una sanzione di 30.000 euro contestata con processo verbale, con la vecchia normativa sarebbe stato possibile ravvedersi con il versamento, oltre agli eventuali diritti doganali e interessi, di euro 4.285,71 o 5.000 (a seconda che il pvc fosse intervenuto entro o oltre due anni dalla data della dichiarazione doganale). Oggi, invece, l’operatore che scelga di ravvedersi dopo la notifica del pvc dovrà necessariamente versare una sanzione di euro 6.000 (1/5 di 30.000).

Attesa la rilevanza della questione e le diverse soluzioni adottate dagli uffici territoriali, è auspicabile un chiarimento dell’Agenzia delle dogane, come già avvenuto dopo le modifiche apportate nel 2017 all’istituto del ravvedimento operoso.
Va comunque tenuto conto che, in assenza della notifica di un pvc, risulta più conveniente utilizzare la procedura di revisione su istanza di parte. Essa prevede che il dichiarante, entro tre anni dalla data di accettazione della dichiarazione doganale, può chiedere all’Amministrazione che essa sia modificata, allo scopo di correggere errori o omissioni (art. 11, d.lgs. 374 del 1990 e art. 173, par. 3, Reg. 952 del 2013, cdu). Ciò, tuttavia, soltanto finché l’Ufficio non inizi un’attività amministrativa di accertamento, di cui l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.
Tale regime risulta decisamente più vantaggioso rispetto a quello previsto dal ravvedimento operoso, poichè, in tale ipotesi, il contribuente può sanare l’irregolarità versando soltanto gli eventuali tributi doganali dovuti, senza l’applicazione delle sanzioni. Come previsto dall’art. 20, c. 4, d.lgs. 472 del 1997, non si applicano infatti sanzioni amministrative in tutti i casi in cui il dichiarante doganale chieda spontaneamente la revisione dell’accertamento.
Al riguardo, vale la pena di ricordare che l’art. 11, d.lgs. 374 del 1990 rappresenta una norma speciale, applicabile specificamente alla materia doganale. Di conseguenza, per il caso in cui non siano ancora iniziati accessi, ispezioni e verifiche, dovrebbe trovare preliminare applicazione l’istituto della revisione su istanza di parte, con integrale azzeramento delle sanzioni, rispetto al ravvedimento operoso il quale, essendo regolato dal d.lgs. 472 del 1997, dovrebbe considerarsi limitato agli altri tributi.