Un tema di sempre maggiore interesse per le imprese riguarda i processi verbali di constatazione relativi alle violazioni amministrative commesse all’importazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche (c.d. “AEE”), sprovviste delle opportune certificazioni.

L’Agenzia delle dogane, infatti, è competente alle verifiche di tali prodotti al momento dell’importazione.

I produttori di AEE sono tenuti a contribuire alla corretta raccolta e allo smaltimento dei prodotti in commercio. I rifiuti AEEE ((c.d. “RAEE”, in inglese “Waste of electric and electronic equipment”, o semplicemente “e-waste”), infatti, sono potenzialmente dannosi per l’ambiente e, al termine del loro utilizzo, necessitano di particolari trattamenti presso centri adeguatamente attrezzati, finalizzati a delimitare la tossicità delle scorie. Molto delicato risulta lo smaltimento di pile e accumulatori/trasformatori d’energia.

La normativa di riferimento è contenuta nelle direttive UE n. 2002/96  e  n. 2012/19. Nel nostro ordinamento il principale intervento consiste nel d.m. 185/2007, con il quale il Ministero dell’Ambiente, recependo le norme unionali, ha istituito il Registro nazionale (Registro AEE) dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei rifiuti derivanti dalle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Tale registro è consultabile online su un portale gestito dal Ministero, dove, per altro, gli operatori iscritti possono accedere alla loro posizione personale.

Diverse normative nazionali prevedono ingenti sanzioni per la violazione degli obblighi di registrazione, accertabili dall’Agenzia delle dogane.

L’art. 4, comma 1, punto g), d.lgs. 49/2014 prevede che debba essere considerato produttore, e quindi soggetto agli obblighi di registrazione, anche l’operatore che importi prodotti AEE da un paese terzo per immetterli sul mercato.

Ai sensi dell’art. 25, comma 2, d.lgs. 188/2008, gli importatori che all’emissione della bolletta doganale per l’ingresso delle merci non risultano iscritti al registro presso la Camera commerciale di competenza, sono puniti con sanzioni piuttosto elevate, ammontanti da un minimo di euro 30.000 fino a un massimo di euro 100.000 per ogni bolletta doganale accertata. Con la medesima sanzione sono puniti gli importatori che al momento della dichiarazione doganale non risultano iscritti allo specifico registro istituito per il finanziamento dello smaltimento di pile e accumulatori (art. 38, comma 2, lett. g, d.lgs. 49/2014 ).

Altre violazioni riguardano l’omessa apposizione sui prodotti della denominazione della propria ditta da parte dell’importatore, per la quale è prevista una sanzione ammontante da un minimo di euro 500 fino a un massimo di euro 1.000  (art. 14, comma 7 e art. 18, comma 1, lett. f), d.lgs. 86/2006). L’art. 13, comma 1, lett. c, d.lgs. 104/2012 prevede una sanzione ammontante da euro 2.000 a euro 20.000 anche nel caso in cui la denominazione commerciale non sia riportata sull’etichetta che attesta il consumo energetico delle apparecchiature. Ogni prodotto importato, inoltre, deve riportare le istruzioni per una corretta rimozione delle pile o delle batterie dal prodotto (art. 25, comma 7, d.lgs. 188/2008).

Come per tutti i processi verbali di constatazione, le violazioni possono essere definite entro sessanta giorni dalla notifica, versando sanzioni ridotte Se il destinatario del verbale decide di non aderire, le amministrazioni competenti (a seconda della violazione, la Camera di commercio, i Comuni o le Città metropolitane) emettono atti di ingiunzione di pagamento delle sanzioni piene. Tali atti sono impugnabili presso le competenti autorità giudiziarie (a seconda del valore, Giudice di Pace o Tribunale).

Sara Armella

Stefano Comisi