di Sara Armella, Stefano Comisi

Dal 1° gennaio 2020 sono entrate in vigore le modifiche apportate dal Reg. Ue 2018/1912 alla disciplina dell’IVA armonizzata, nell’ambito del pacchetto legislativo c.d. “Quick fixes”. Tra le novità più importanti vi è l’inserimento, nel Reg. Ue 2011/282, dell’art. 45 bis, il quale ha introdotto un’articolata disciplina inerente la prova del trasporto dei beni, oggetto di una cessione Iva intracomunitaria.

In data 12 maggio l’Agenzia delle entrate ha finalmente pubblicato la circolare 12/E, che contiene i tanto attesi chiarimenti relativi alla novella unionale, con particolare riferimento alla documentazione necessaria per provare l’effettiva movimentazione della merce dall’Italia a un altro Stato membro. Tale prova è di estrema importanza perché consente agli operatori economici interessati di beneficiare del regime di non imponibilità Iva, previsto per le cessioni intracomunitarie di beni. La cessione Intra-Ue, infatti, si considera realizzata con il trasporto della merce dal Paese membro di spedizione a quello di destinazione. Esso può avvenire a opera del fornitore (c.d. cessione “franco destino” o “franco arrivo”) ovvero a carico dell’acquirente (c.d. “franco Fabbrica” o “ex works”, dal nome della clausola Incoterms®)

Prima del 2018, la normativa europea e nazionale non chiariva quale fosse la documentazione idonea a dimostrare l’effettività di tali operazioni non imponibili. Anche la c.d. Direttiva Iva (n. 112/2006) non contribuiva a un quadro comune, riconoscendo agli Stati membri il potere di stabilire i mezzi di prova idonei a dimostrare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la deroga al normale regime impositivo Iva. La giurisprudenza della Corte di giustizia Ue ha sempre evidenziato la necessità di elementi concreti e proporzionati, anche in caso di sospetta frode, per dubitare dell’autenticità o dell’attendibilità della documentazione fornita dagli operatori per provare l’avvenuto trasporto delle merci (su tutte la sentenza Cartrans Spedition SRL, BDV Hungary Trading Kft).

L’Agenzia delle entrate, in via interpretativa, ha consolidato diverse prassi nel corso degli anni, specie con riferimento alle cessioni “franco fabbrica”: nella risoluzione 345/2007, l’Agenzia ha considerato sufficiente  la fattura di vendita intestata all’acquirente, gli elenchi Intrastat, la rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento della merce e il documento di trasporto “CMR”, sottoscritto dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta. Con le risoluzioni 477/2009 e 71/2014, l’Agenzia ha aggiunto che la prova della movimentazione delle merci può essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che i beni sono stati inviati in altro Stato membro. Tale indirizzo è stato successivamente confermato dalla risoluzione 123/2009 e dalla 19/2013, la quale ha aperto, altresì, alla possibilità di esibire un CMR elettronico, avente contenuto identico a quello cartaceo, da produrre su supporto fisico o altri strumenti informatici. Con la risposta 8 aprile 2019, n. 100 (successiva alla riforma Ue del 2018) l’Agenzia ha evidenziato l’importanza della conservazione ordinata delle fatture di vendita, della documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alle precedenti cessioni, della documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e, infine, della cura degli elenchi Intrastat (nello stesso senso la risposta 23 aprile 2020, n. 117). Sul fronte giurisprudenziale, la Corte di Cassazione ha più volte sostenuto che l’operazione è imponibile Iva, solo se si è certi che il fornitore abbia agito secondo la diligenza propria dell’operatore professionale, al fine di assicurarsi che la cessione effettuata non lo conducesse a partecipare a una frode (Cass., n. 7524/16, nello stesso senso, sentenza Corte di giustizia Euro Tyre Holding BV), escludendo che l’agevolazione possa dipendere dalla mera esibizione di un documento formale, quale il codice identificativo Iva del cessionario o l’iscrizione al sistema Vies (Cass., n. 21102/2018).

L’art. 45 bis, inserito dal Reg. 2018/1912, ha introdotto una presunzione relativa di avvenuta prova della spedizione da uno Stato membro a una altro e prevede che tale presunzione possa operare sia in caso di cessione franco destino che in caso di cessione franco fabbrica. La prova della movimentazione della merce può essere dedotta da un elenco dettagliato di documenti forniti dalla norma Ue. Ad esempio, nella cessione franco fabbrica, il fornitore deve fornire una dichiarazione scritta dell’acquirente e, tra le varie possibilità, un documento di trasporto combinato con una ricevuta del destinatario della merce.

Molti operatori nazionali hanno posto il quesito se si potessero ritenere ancora valide le prassi istituite dall’Agenzia delle entrate negli anni precedenti.

Con la circolare del 12 maggio l’Agenzia delle entrate, innanzitutto, chiarisce che la presunzione introdotta dall’art. 45 bis può essere applicata anche alle cessioni intracomunitarie avvenute anteriormente al 1° gennaio 2020, se gli operatori sono in possesso della documentazione contenuta nell’elenco dettagliato.

Richiamando le Note esplicative della riforma, fornite dalla Commissione Ue nel dicembre 2019, l’Agenzia esclude che la presunzione si possa applicare nei casi in cui il trasporto della merce avvenga senza l’intervento di soggetti terzi e risulti effettuato direttamente dal fornitore o dall’acquirente. La norma Ue, infatti, è chiara nel chiedere che le prove dell’avvenuta movimentazione della merce provengano da almeno due soggetti indipendenti rispetto alla parte che chiede l’agevolazione Iva. Sono esclusi anche familiari e soggetti facenti parte del medesimo gruppo societario (anche nel caso di Stabile organizzazione).

L’Agenzia delle entrate ha poi chiarito che la presunzione può essere superata dall’Amministrazione, disconoscendo l’attendibilità della documentazione fornita dalle parti, qualora, ad esempio, da controlli successivi emerga che la merce non è mai uscita dal magazzino del fornitore o che durante il trasporto sia andata distrutta a causa di un incidente. Ovviamente si otterrà lo stesso effetto se dai controlli dovesse emergere che la documentazione fornita non è del tutto corretta o addirittura falsa.

L’Agenzia chiarisce inoltre che, in tutti i casi in cui gli operatori non siano in possesso di prove sufficienti, resta salva la facoltà degli Stati membri di continuare ad applicare la prassi nazionale anche anteriore in materia di prova delle cessioni intracomunitarie, eventualmente più flessibili della presunzione in vigore da gennaio 2020.

Si è, pertanto, confermato esplicitamente che si continuerà ad applicare i principi contenuti negli orientamenti passati. Tuttavia, l’idoneità della documentazione presentata dai contribuenti verrà sempre valutata caso per caso.