Il mancato rispetto dello Statuto dei diritti del contribuente e, in particolare, del diritto al contradditorio preventivo rispetto all’emissione dell’accertamento, comporta l’illegittimità di quest’ultimo. È questo l’importante principio affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza 2 febbraio 2021, numero 2243, con cui si torna a riaffermare la centralità del diritto al contraddittorio preaccertativo che, negli anni, è stato oggetto di numerosi interventi di segno contrario, da parte della giurisprudenza di legittimità e di merito.

Le garanzie del contribuente nel corso del procedimento amministrativo di accertamento rappresentano altrettanti limiti per il Fisco, la cui violazione comporta l’illegittimità dell’atto conclusivo della procedura. La violazione del diritto di difesa non va considerata, pertanto, una semplice irregolarità procedimentale, ma investe più in generale il rapporto tra contribuente e Fisco e determina, come conseguenza, l’integrale annullamento dell’atto con cui si contesta il pagamento del tributo e l’irrogazione delle sanzioni.

Il caso esaminato riguarda la frequente situazione di accesso istantaneo nei locali aziendali da parte dell’Agenzia delle entrate e l’emissione dell’atto di accertamento prima del decorso del termine di sessanta giorni, previsto dall’articolo 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente. La Cassazione ha stabilito che l’inosservanza del termine di sessanta giorni, previsto dal legislatore per consentire al contribuente un’adeguata difesa, determina, di per sé, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante  tempus, anche nel caso di accessi brevi da parte dei verificatori. Il principio è affermato con chiarezza dopo diverse pronunce di segno opposto (Cassazione, sezione V, 27 dicembre 2019, n. 34519; Cassazione, sezione VI, 3 giugno 2019, n. 15154), ed è destinato ad avere ampia applicazione, con significative conseguenze sia sui numerosi processi in corso che sui futuri accertamenti tributari.

La breve durata (un giorno) della permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente, finalizzata all’acquisizione della documentazione utile per la verifica in corso, non può pertanto essere utilizzata, come sovente avviene, da parte dell’Agenzia delle entrate, quale giustificazione del mancato rispetto del termine di difesa riconosciuto dallo Statuto del contribuente.

Il diritto al contraddittorio preaccertativo, infatti, non subisce limitazioni in relazione alla durata della permanenza dei verificatori, considerando che, anche per accessi istantanei, si verifica quell’intromissione autoritativa dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente, che deve essere controbilanciata dal diritto di quest’ultimo di potere essere ascoltato tramite lo strumento del contraddittorio preventivo con l’Ufficio.

La Suprema Corte ribadisce, inoltre, che l’integrale annullamento dell’atto impugnato fa venire meno anche l’accertamento della violazione in cui si sostanzia la condotta contestata, e di conseguenza travolge anche l’atto di irrogazione delle sanzioni, giacché le norme relative al procedimento di irrogazione delle sanzioni richiamano espressamente le disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo (articolo 16, d.lgs. 472 del 1997). Sul punto, la pronuncia si discosta apertamente dai propri precedenti, considerando che, nel caso esaminato, le sanzioni erano state direttamente imposte con atto contestuale all’avviso di accertamento senza la precedente fase di contraddittorio.